Non ci basta.
La nuova legge (DDL S. 2144 - XVII Leg. - Filiera canapa) annuncia quelli che sembrano essere “grossi” passi avanti per la ripresa del settore in Italia: l’aumento del valore soglia di THC da 0,2% a 0,6% ed uno stanziamento annuo di 1,5 milioni di euro per la realizzazione di piccoli impianti che favoriscano lo sviluppo di filiere corte locali.
Questi sono certamente segnali positivi, ma non sono affatto proporzionati al potenziale inespresso di questa coltivazione in Italia. Lo Stato continua a fare un gioco ambiguo nel quale con una mano dà e con l’altra toglie.
Ha suscitato forte dissenso la rimozione dell’art. 2 comma 2, che prevedeva “la produzione di infiorescenze fresche e essiccate per scopo floreale ed erboristico”, annientando così la possibilità di destinare un buon terzo del materiale a mercati emergenti ed industrie capaci di trattare questa materia prima chimicamente pregiata.
Mentre associazioni e imprese nostrane faticano a competere sul mercato e lo Stato legifera schizofrenicamente, giungono notizie sconvolgenti sullo stato reale del mercato estero della canapa industriale.
Ricordiamo che negli USA fino al 2009 questa coltura era vietata, ma emanando l’Industrial Hemp Farming Act, lo stesso congresso americano riabilita la pianta integralmente:
‘industrial hemp’ means the plant Cannabis sativa L. and any part of such plant, whether growing or not, with a delta-9 tetrahydrocannabinol concentration that does not exceed 0.3 percent on a dry weight basis.
Hemp Inc, leader americano di settore, ha visto aumentare del 53.8% le vendite del terzo trimestre 2015 rispetto al secondo. Bruce Perlowin, CEO di Hemp Inc, ha affermato che “L’industria della canapa industriale è davvero in espansione. Sempre più stati stanno iniziando a comprendere che è molto vantaggioso per loro legalizzarla”.
Hemp Inc ha anche annunciato un accordo quinquennale con una nuova industria di jeans, Hemp Blue Inc, specializzata in abbigliamento eco-friendly. Hemp Inc produrrà fibre da canapa e kenaf, nonchè materiali assorbenti e LCM (loss circulation materials). Come riportato sul loro sito, studi della US Naval rivelano che kenaf e canapa sono i materiali naturali più assorbenti presenti sulla Terra, impiegabili anche per rimediare suoli ed acque.
In USA il solo mercato della canapa industriale vale oggi intorno ai 500 milioni di dollari, ed è in forte crescita grazie a sviluppi sinergici. Lifestyles Of Health And Sustainability (LOHAS) riporta una stima di 290 miliardi di dollari in mercati per beni e servizi basati su salute, ambiente, giustizia sociale e sostenibilità nei soli USA.
Calcolando un 13-19% su 215 milioni di adulti considerati LOHAS Consumers sulla base di sondaggi, la percentuale si traduce in circa 40 milioni di persone, ovvero il core business di una società progressiva, attenta all’ambiente e ai cambiamenti economici, il cui potenziale economico è ancora inespresso. Di gente attenta agli sviluppi innovativi e sostenibili non ve n’è poca, e nemmeno così “hippy”, come scherniscono molti bontemponi nostrani.
Un esempio è Todd Harrison, uomo molto noto alla finanza d’oltreoceano come trader, fund manager, and senior executive a Wall Street, nonché CEO e fondatore di Minyanville, compagnia che tratta financial media Internet-based, con accordi che includono grandi siti finanziari come Yahoo Finance, MSN Money etc. Questo “sconosciuto” al Belpaese, in una intervista del 2014 riportata su finance.yahoo, ha dichiarato che la canapa “sarà la migliore idea singola di investimento per i prossimi dieci anni”.
Alla luce di quanto veloce procedono paesi che fino a ieri vietavano la canapa, questi provvedimenti sono inefficaci ai fini della competitività. Gli usi di questa pianta sono davvero molteplici (dalla nutraceutica alle bioplastiche vegetali) e schiudono le porte di un rilancio eco-compatibile, rigenerante per molti settori in crisi, svincolante dal petrolio, capace di fare tesoro delle risorse locali e della tradizione.
Scritto da Luigi Vaglio
Biotecnologo e cofondatore Verdesalis